Come è cambiato il lavoro a seguito dell’emergenza covid-19, principali differenze tra smart-working e telelavoro.

Il lockdown ha ridefinito il modo di lavorare di molti italiani, introducendo nel dibattito pubblico termini con cui fino a poco tempo fa non si aveva dimestichezza. E, a dire il vero, ancora c’è un po’ di confusione visto che spesso smart working e telelavoro vengono usati come sinonimi anche se non lo sono. Prima di approfondire le differenze, è opportuno capire quante persone in questa fase hanno dovuto riorganizzare il modo di lavorare. Quanti siano effettivamente coloro che hanno avuto accesso all’attività in smart working lo rivela il Ministero del Lavoro: 1 milione e 800mila nel settore privato, di cui più di 1,6 milioni attivati a seguito delle norme anti-Covid.

L’Emergenza dunque ha comportato «un radicale e repentino ripensamento dell’organizzazione del lavoro in nome della tutela della salute delle persone», sottolinea lo stesso ministero del Lavoro. «Per la prima volta lo smart working è diventato, dunque, una modalità necessaria». Andiamo ad analizzare quindi le principali differenze tra Smart working e telelavoro. In alcuni casi i termini sono usati erroneamente come sinonimi, quasi che il secondo fosse la traduzione italiana del primo. Tuttavia, se non si vuole utilizzare il termine inglese, la corretta traduzione è quella di lavoro agile. Le differenze tra smart working e telelavoro sono diverse e principalmente riguardano la sede di lavoro e l’orario lavorativo. Nel dettaglio, la normativa che regola lo smart working (legge numero 81 del 2017) definisce una modalità di lavoro con rapporto di lavoro subordinato senza che siano previsti vincoli a livello di orario e di spazio. Sostanzialmente, l’organizzazione del lavoro viene calibrata per fasi, cicli e obiettivi ed è stabilita con un accordo tra dipendente e azienda.

Inoltre, altro punto fondamentale che fa parte dell’accordo tra le parti per lo smart working è l’utilizzo di mezzi adatti a svolgere parte del lavoro anche fuori dalla sede ordinaria (questo è un punto in comune con il telelavoro), tramite strumenti che permettano di lavorare da remoto come pc, tablet, smartphone e software.
La legge che regola lo smart working prevede poi altri nodi cruciali che normano questa modalità di lavoro agile, tra cui:
– la responsabilità del datore di lavoro sulla sicurezza del lavoratore;
– le regole per gli accordi tra le parti;
– la parità di trattamento economico e normativo tra chi lavora in smart working e chi lavora;
– esclusivamente in ufficio all’interno della stessa azienda;
– il potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore;
– l’obbligo per il datore di lavoro di presentazione dell’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro;
– le regole sulla copertura assicurativa del lavoratore.


Ma, allora, qual è la differenza tra smart working e telelavoro? La differenza principale tra lavoro agile e telelavoro è che il secondo è invece basato su un altro concetto di fondo. In questo caso il lavoratore ha una postazione fissa che però si trova in un luogo diverso da quello dell’azienda. Si può riscontrare una maggiore rigidità che si traduce non solo sul piano spaziale, ma anche su quello temporale: nel caso del telelavoro gli orari sono più rigidi e, di norma, ricalcano quelli stabiliti per il personale che svolge le stesse mansioni all’interno dell’azienda. Anche in questo caso è necessario un accordo scritto delle parti, lavoratore e datore di lavoro. Entrambe le pratiche sono oggetto di maggiore attenzione nell’ultimo periodo perché consentono di limitare al massimo il contagio da coronavirus, permettendo comunque di non sospendere l’attività lavorativa e non subire le conseguenze negative del fenomeno virale sul piano economico. Molti provvedimenti governativi per fronteggiare l’emergenza sono intervenuti per favorire l’utilizzo del lavoro agile. Su questa linea si sono mossi i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° marzo e quello del 4 marzo 2020 che incentivano l’utilizzo dello smart working per la pubblicaamministrazione oltre a stabilire che tale modalità può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato in tutta Italia, anche in assenza di accordi individuali e fino alla fine del mese di luglio 2020. Lo smart working diventa un diritto per i lavoratori del privato con figli under 14. Fino al 31 luglio, data che segna (per ora) la fine dello stato di emergenza legata al Covid-19, i lavoratori dipendenti di aziende private con almeno un figlio entro i 14 anni avranno diritto al lavoro agile anche senza gli accordi individuali previsti dalla legge 81/2017, purché questa modalità sia compatibile con le caratteristiche della loro prestazione.
Secondo l’Osservatorio sullo smart working della School of management del Politecnico di Milano, potrebbero essere tra sei e otto milioni i lavoratori coinvolti dallo smart working nei prossimi mesi, tra settore pubblico e privato, molti di più quindi di quelli che hanno già svolto attività di lavoro agile nei primi mesi della crisi, questo perché nel periodo dell’emergenza avevamo interi pezzi di filiere produttive bloccati. Se vengono confermati questi numeri, sarà una sfida importante che richiederà anche un importante adeguamento tecnologico, l’Osservatorio sul lockdown Nomisma-Crif, rivela infatti che il 33,8% degli italiani non ha pc o tablet, e il 18% dei lavoratori in smart working ha dovuto acquistare strumenti per lavorare da casa.

About Mimmo Iavazzo

Specializzato nel settore delle Risorse Umane ho completato la mia formazione nella gestione dei rapporti sindacali. Appassionato di organizzazione aziendale ho maturato esperienza in importanti aziende che operano nel settore HR, prima di occuparmi di politiche attive e relazioni sindacali nelle principali associazioni datoriali. Tifosissimo del Napoli e sempre attento alle evoluzioni poltiche nazionali e internazionali, credo che una leadership democratica sia la chiave di successo di ogni azienda.

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