La psichiatria…ai tempi del Coronavirus

Con la Pandemia ed il conseguente “lockdown” la vita di tutti noi è improvvisamente cambiata. Il susseguirsi di decreti ed ordinanze ci ha imposto di abbandonare le nostre abitudini, la nostra routine, le nostre libertà.

Ma quali sono stati (e quali saranno) gli effetti psicologici del COVID-19, della Pandemia? Come reagirà la nostra mente quando tutto questo sarà finito?

Lo abbiamo chiesto alla Dr.ssa Mariateresa Fichele, psichiatra e psicoterapeuta, in prima linea da circa 16 anni nel Servizio Sanitario Pubblico di Napoli, che attraverso gli occhi di un medico ci racconta la sua esperienza diretta.

“Il Covid-19 si è abbattuto con violenza sui Centri di Salute Mentale, come d’altronde sulle vite di tutti. In pochi giorni è stato necessario mettere tutto un Sistema in discussione. Da una parte la necessità di continuare a prestare servizio per le urgenze in maniera “fisica”, dall’altra il bisogno di continuare a garantire la continuità assistenziale, per restare accanto ai pazienti in carico nel rispetto delle nuove normative.

Il malato psichiatrico in termini di relazione con il medico non è come tutti gli altri. La relazione terapeutica è basata sulla continuità, la fiducia e su di un’alleanza di intenti. Ci siamo così reinventati una nuova modalità di contatto, quella telefonica, per non farli mai sentire soli, affinché sapessero che comunque noi c’eravamo e nell’estremo bisogno non ci saremmo tirati indietro anche ad “incontrarli”. Ed i risultati sono stati molto positivi. La gran parte degli utenti hanno ben risposto a questo periodo di “lockdown”, mostrando una resistenza e resilienza in tutta onestà inaspettata, dovuta, forse, all’essere temprati da anni di lotte e sofferenze, ed altresí perché la “chiusura” della quarantena non è altro che lo specchio di una loro condizione psicopatologica già drammaticamente esistente.

Le urgenze che si sono verificate hanno riguardato soprattutto casi nuovi e pazienti non in carico, ma con un’incidenza assolutamente nella media. In generale quindi, visto anche il confronto avvenuto con molti altri colleghi, si può affermare che i pazienti psichiatrici abbiano retto meglio della popolazione comune, anzi troppo spesso il loro problema è stato impropriamente utilizzato, soprattutto sui social, per campagne che vogliono dar voce, piuttosto, a altri tipi di bisogni di natura francamente non medico-psicologica, a sostegno dell’insofferenza di chi è stato educato a considerare solo i propri bisogni invitando quindi la popolazione alla “ribellione” , considerando quindi la quarantena “un complotto” , filosofeggiando sulla libertà individuale, con post pseudointellettuali e scritti da pseudogiuristi. Adesso tuttavia, al di là delle polemiche, il lavoro degli psichiatri si dovrà concentrare sulle possibili patologie “emergenti”. Sui disturbi dell’adattamento in generale, ma in particolare sulle depressioni reattive in quei soggetti che hanno subito grosse ripercussioni economiche, di patologie fobiche legate all’incertezza sanitaria, di condizioni di Disturbo post traumatico da stress Ma soprattutto il virus, la quarantena, gli stessi messaggi televisivi del Presidente Conte ed anche in questo caso il veicolo “social”, hanno funto da terreno fertile allo slatentizzarsi di personalità di tipo paranoide in alcuni soggetti, e resta da vedere se tali condizioni resteranno legate alla contingenza o se nel tempo evolveranno in patologie psichiatriche franche.

Infine, quel che certo è che il Covid-19 ha dato una forte accelerata ad un fenomeno inarrestabile al quale noi medici dobbiamo adeguarci e imparare a convivere.

Quello delle consultazioni on line, un tempo chiamata “telemedicina”. L’esperienza di questi ultimi mesi ha dimostrato l’utilità di tale mezzo quando applicabile, e che comunque non potrà e si spera, non dovrà mai sostituire la relazione “vis à vis” con il paziente. La sfida del Servizio Pubblico adesso è quello di adeguarsi e di mettere in condizione noi medici di rispondere a queste nuove richieste, così da poter disporre di un valido strumento di prevenzione nella diffusione del virus, ma altresi un mezzo per ampliare l’offerta assistenziale ad un bacino d’utenza non altrimenti raggiungibile. I vantaggi potrebbero essere notevoli in termini di “prevenzione” e di snellimento delle liste d’attesa.

Restano tuttavia da combattere le resistenze culturali “ideologiche”, che vorrebbero arginare un fenomeno ineluttabile, la cui richiesta, se dovesse trovarci impreparati, rischia di allontanare ulteriormente utenza e risorse dal servizio pubblico nazionale.”

About Tommaso Fichele

Già docente di diritto ed economia politica nonché consulente fiscale e previdenziale, è responsabile del progetto formativo “Aulando” e collabora con azienda leader nel settore marketing, comunicazione ed organizzazione eventi. Da sempre grande appassionato di tecnologia e videogames, adora la cucina, la buona musica e l’innovazione, in ogni sua forma.

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