La scuola tra tradizione ed innovazione

Il mondo della scuola, come quello dell’Università e della formazione in generale, ha dovuto compiere enormi sforzi per far fronte alle esigenze sanitarie di questi ultimi mesi, contemperando la necessità di garantire la continuità didattica per i propri studenti con le forti limitazioni dovute al lockdown ed alla conseguente impossibilità di svolgere le sue normali attività “in presenza”. Gli insegnanti che fino a pochi giorni prima avevano svolto, registri alla mano, le proprie lezioni in aule affollate si sono trovati improvvisamente a doversi confrontare con il complesso mondo della rete, spiegando ed interrogando dalla propria abitazione attraverso uno schermo ed un microfono, tra cadute di connessione e (inevitabili) cali di concentrazione. Una situazione di questo tipo ha prepotentemente fatto tornare in auge l’annoso dibattito sull’opportunità della digitalizzazione nel campo della formazione scolastica e sull’utilizzo sistematico della didattica a distanza, argomenti da sempre al centro del confronto politico e che spesso e volentieri hanno diviso gli stessi addetti ai lavori tra chi resta fedele alla “tradizione” e chi invece propende per un nuovo concetto di scuola con didattica “mista”.

Lo stesso Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha recentemente dichiarato che a Settembre si adotterà proprio quest’ultima soluzione, alternando gli studenti tra presenze in classe e online, attraverso una sorta di turnazione destinata a protrarsi finché non si potrà tornare tutti tra i banchi di scuola in piena sicurezza.

Ma la vera domanda, sorvolando sui vantaggi e sulle criticità generali di un modello didattico cd. “blended”, è questa: il nostro sistema scolastico è davvero in grado di garantire il pieno diritto all’istruzione anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie e degli strumenti digitali di cui si dispone?

Ad oggi la risposta, a mio parere, è no. E le spiegazioni sono molteplici.

Innanzitutto partiamo dal ricordare che il nostro Paese a livello europeo è agli ultimi posti in tema di alfabetizzazione digitale. E i giovani, purtroppo, non fanno eccezione.

A confermarlo è una recente indagine dell’OCSE denominata “Skills Outlook 2019”, nella quale si afferma senza mezzi termini che alla popolazione italiana mancano le competenze digitali di base. E questo sia per quanto riguarda gli studenti (sia universitari che in età scolare) che i lavoratori, con particolare riferimento al mondo della scuola oltre che dell’imprenditoria in genere. E addirittura ben 3 insegnanti su 4, il 75,2% del campione esaminato, ammettono senza mezzi termini di aver bisogno di una formazione specifica in campo digitale (ITC) per poter svolgere al meglio la loro professione.

In secondo luogo, ma non in ordine di importanza, è opportuno sottolineare come al fine di garantire l’ottimale fruibilità di una lezione a distanza è necessario disporre di strumentazioni adeguate, in grado di offrire performance di livello quantomeno accettabile. Questo, come noto, non sembra ancora possibile per molte realtà nel nostro Paese. Sono infatti diverse le Regioni con cittadini e scuole che non possono avere o permettersi economicamente strumentazioni digitali all’avanguardia nonché connessioni internet almeno vicine alla media nazionale. Si pensi a tal proposito a diverse realtà del Sud ma anche al Lazio, al Veneto e alla Sardegna, dove la banda larga è ancora molto poco diffusa.

In terzo ed ultimo luogo non si può non menzionare il problema delle poche risorse che lo Stato ha negli ultimi anni destinato alla scuola, oltre che all’università ed alla ricerca scientifica. Consentire agli studenti e agli insegnanti di adeguarsi con la propria attività all’era digitale in modo proficuo, efficace ed efficiente richiede investimenti e sforzi pubblici, anche da un punto di vista economico. Va detto, però, che l’ultimo decreto cd. “Rilancio” fa ben sperare in tal senso, avendo destinato, tra le altre cose, fondi per finanziare la didattica a distanza nella scuola pubblica: che sia questa la volta buona? Lo scopriremo nei prossimi anni, con la speranza di ridurre una volta e per tutte il nostro storico “gap” con gli altri Paesi europei.

About Tommaso Fichele

Già docente di diritto ed economia politica nonché consulente fiscale e previdenziale, è responsabile del progetto formativo “Aulando” e collabora con azienda leader nel settore marketing, comunicazione ed organizzazione eventi. Da sempre grande appassionato di tecnologia e videogames, adora la cucina, la buona musica e l’innovazione, in ogni sua forma.

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